martedì, gennaio 30, 2007

Precari


© Bu

(Riceviamo e volentieri pubblichiamo)

La stabilizzazione dei precari rischia di divenire un alibi per un contratto collettivo di lavoro che oggettivamente non risponde alle esigenze della professione di ricercatore.

La priorita' e' quindi assegnata alla stabilizzazione dei precari invece che al contratto collettivo di lavoro, preferendo una risposta contingente ad una soluzione strutturale del settore ricerca.

La deriva demagogica che accompagna questa improvvisa sensibilita' per i precari della ricerca si accompagna ad una ignoranza (nel senso proprio del termine) del mondo della ricerca.

Un centro di ricerca per assolvere propriamente alla sua missione deve essere in grado di garantire un continuo turnover di giovani ricercatori, solitamente post-doc, per i quali un contratto a termine rappresenta la prima esperienza professionale nel mondo della ricerca (da spendersi poi per l'acquisizione di un posto a tempo indeterminato).

Non e' corretto chiamare tali figure precari. Il precariato e' invece il frutto malato di una mancata gestione delle risorse umane. Quando un istituto di ricerca propone un rinnovo dell'incarico ad un ricercatore per dieci anni senza assumerlo opera in modo contraddittorio: da una parte conferma l'eccellenza del ricercatore (proponendo il rinnovo), dall'altra nega tale eccellenza (non confermando a lungo termine la fiducia).

Se pensiamo a questa accezione di ricercatore precario qualsiasi percentuale e' inaccettabile. Viceversa un istituto di ricerca non puo' limitarsi ad una percentuale di 30% (per la fondazione) o 20% (per i sindacati) di giovani ricercatori che contribuiscano, sebbene in un orizzonte limitato, alla costante evoluzione ed innovazione della ricerca.

11 commenti:

Anonimo ha detto...

Effettivamente stabilizzare i precari senza mettere mano ai responsabili del personale dei rispettivi istituti significa mettere la pezza senza rimuovere la causa. Fra un po' di anni saremo da capo. (non me ne vogliano i precari)

Anonimo ha detto...

Posso comprendere che la situazione dei precari sia molto delicata e critica, ma non condivido la posizione del sindacato di contrabbandare il beneficio di pochi a danno di tutto il sistema.

Anonimo ha detto...

Questo intervento mette il dito su un nervo scoperto: il responsabile delle risorse umane. Per anni si e' lasciato che un istituto come l'ITC (che nel periodo di massimo sviluppo ha toccato le 500 unita') fosse lasciato senza alcun responsabile delle risorse umane. Avete capito bene: 500 persone senza che nessuno fornisse un minimo di criterio e di strategia. Tra le persone responsabili di questa omissione c'e' anche l'attuale presidente che prima di assumere tale carica ha fatto parte del consiglio di amministrazione. Il CdA non puo' non sapere che l'istituto e' rimasto per anni privo di una guida nella gestione del personale. Chi paga questa colpevole omissione (a parte i precari)? Lo stesso Zanotti, in qualita' di presidente dell'ITC non ha ritenuto prioritario intervenire in tal senso e facendo sua questa politica di omissione.

Anonimo ha detto...

Mi spiace per i colleghi precari ma il loro disagio sta per essere spudoratamente sfruttato anche dal sindacato (CISL in testa) per fini non propriamente disinteressati.

Anonimo ha detto...

La riflessione proposta da questo post sarebbe corretta se la campagna acquisti dell'istituto indirizzasse veramente i post-doc. Ma per pigrizia (o forse per scarsa appetibilita' del nostro centro) si e' sempre ripiegati su neolaureati a basso costo, medio valore e forte dipendenza.

Anonimo ha detto...

Da come procedono le cose ho l'impressione che come ricercatori non solo siamo tagliati fuori dalla riorganizzazione o dalla pianificazione scientifica ma anche dall'approvazione del contratto collettivo di lavoro. Lo scenario che si va delineando sembra non prevedere un nostro ruolo ma esclusivamente una partita politica tra provincia e sindacati. Meno male che non ho una tessera.

Anonimo ha detto...

Non capisco l'ultimo commento sul fatto che i ricercatori sarebbero tagliati fuori anche dall'approvazione del contratto collettivo di lavoro. In ITC e' stata fatta un'assemblea per sentire il parere del personale sulla bozza di contratto, altre osservazioni sono state raccolte successivamente e, prima dell'eventuale firma del contratto, si fara' un'altra assemblea. Si sarebbe potuto fare di piu' ma mi pare che non si possa onestamente paragonare questa situazione con la totale mancanza di informazioni in cui Zanotti/Dallatorre ci stanno tenendo a proposito della riorganizzazione e della pianificazione scientifica.

Anonimo ha detto...

Il precariato, a mio avviso, ha un senso laddove sono definiti tempi e pianificazioni certe. In tutto il mondo, anche nel campo della ricerca, funziona così. Negli Stati Uniti, ad esempio, un giovane per essere assunto in pianta stabile in una Università ha di fronte un percorso non certo facile, ma chiaro: un certo numero di anni di precariato in cui devi raggiungere determinati obiettivi. Se dimostri di essere capace ti premiano, altrimenti no. Sembra un percorso logico lineare, ma purtroppo da noi non è così. Ci sono tempi chiari? Degli obiettivi da raggiungere? Un percorso di stabilizzazione? Mancando di rispondere a queste domande, a mio avviso, non si risponde al vero problema. Tutto il resto (percentuali, post-doc, ecc.) può solo servire per nascondere il nocciolo della questione.

Anonimo ha detto...

Concordo con l'ultimointervento che pero' rimanda sempre al solito punto: si assume che l'istituto sia governato. Assunzione puntualmente disattesa. Troppo spesso, e anche in occasione della legge di riforma 14/2005, si enfatizza la valutazione dell'attivita' di ricerca omettendo completamente la valutazione dell'attivita' direttiva e amministrativa. Tutti accettano che il precariato sia un'emergenza con atteggiamento fatalistico quasi ineluttabile, scordando che esso e' invece il frutto bacato di una cattiva amministrazione.

Anonimo ha detto...

Caro Alberto sai bene che sebbene in una prossima assemblea i ricercatori dell'ITC si pronunciassero all'unanimita' contro questa bozza di contratto, comunque la CISL, su rappresentanza anche di pochi ricercatori CEA, procedera' con la firma dell'accordo. Non e' questione di malizia o sfiducia nel sindacato ma solamente il principio di realta'. Riesci a ipotizzare scenari alternativi?

Anonimo ha detto...

Tre articoli pubblicati ieri 30 gennaio sul Trentino (pagina 11), L'Adige (pagina 21) e Corriere del Trentino (pagina 6) confermano che le riflessioni di questo post nate probabilmente all'interno dell'IRST valgono anche per noi ricercatori (precari?) dello IASMA (Mach?).