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La storia, e' noto, e' scritta dai vincitori. La nuova legge di riordino del sistema della ricerca e' quindi presentata sui quotidiani come una grande riforma. Una riforma scaturita da un consenso unanime (ricordiamo che l'opposizione non ha votato contro). Una riforma capace di avviare il motore dell'innovazione inteso come produzione di nuova occupazione e maggiore benessere. Una riforma che finalmente marginalizza la frangia dei ricercatori sindacalizzati e valorizza l'eccellenza dei giovani. Una riforma che risolve il problema dell'anello mancante fra mondo della ricerca e mondo della produzione, fra Universita' e aziende. Non resta che pazientare e dare il tempo a questa legge di maturare i suoi frutti.
C'e' poi un'altra storia, quella con la "s" minuscola, raccontata dai testimoni che non si legge sui quotidiani. Una storia che potrebbe essere riassunta brevemente per punti:
- Una riforma che non ha saputo articolare nessun dibattito in aula, fatta eccezione per il soliloquio del consigliere Bondi. Una unita' di intenti e di pensiero talmente omologata da essere sospetta.
- Una riforma approvata esibendo un decisionismo ed una volonta' politica inversamente proporzionale al potere elettorale dei destinatari della legge. Ricerca e innovazione come alibi per un governo che, nonostante una forte maggioranza in consiglio, non aveva ancora saputo promuovere una riforma.
- Una riforma che negli obiettivi si propone di colmare la distanza fra ricerca e innovazione ma che ha visto tra i grandi assenti proprio l'Universita' e il mondo delle imprese. Il loro silenzio durante l'iter del ddl 51/XIII basterebbe da solo a mettere in discussione ogni aspettativa di successo del nuovo ordinamento.
- Una riforma che promuove la Provincia, e quindi il governo pubblico, nel ruolo di regista e non di arbitro della sfida della ricerca e dell'innovazione. La presunta efficienza dell'assetto privatistico della fondazione sara' quindi vanificato da una regia che resta pubblica, sia nei tempi sia nelle sue dinamiche.
- Una riforma approvata sulla base di figure retoriche quali innovazione, eccellenza, sviluppo, efficienza. Nessun consigliere ha sollevato il problema di quale semantica condivisa attribuire a queste categorie(*). Vengono a mancare quindi le premesse per valutare se questa legge sara' efficace.
(*) La politica non ha definito quale modello di ricerca, innovazione e sviluppo intende promuovere in Trentino: incrementare il numero di nuove aziende ad alto contenuto tecnologico? oppure potenziare la crescita delle aziende esistenti? capitalizzare la conoscenza mediante brevetti? o capitalizzare la conoscenza mediante la valorizzazione delle persone? ... la risposta a queste domande e' premessa fondamentale per decidere quali indicatori adottare per misurare i risultati della riforma. Senza questa chiarezza, un assessore trovera' sempre una statistica rispetto alla quale il Trentino e' nella 69-esima posizione.